Stavo aspettando la consegna della mia Tiger Sport, che era sotto le sapienti “cure” della Assistenza Triumph della sede di Bologna Nord, e mentre vagavo nella concessionaria Harley Davidson (le due concessionarie “anglosassoni”, e le relative officine, fanno parte dello stesso “gruppo”) mi sono imbattuto nella nuova Pan America 1250, una maxi enduro molto particolare.
Ha una linea molto personale, e posso dirvi in tutta sincerità che è una di quelle moto che, prima di giudicarla esteticamente, è obbligatorio vederla “dal vivo”, perché solo così ci si può rendere conto di com’è realmente, e soprattutto di com’è fatta.
Ha un faro anteriore “scatolato”, che in una prima impressione (fotografica) può non piacere o comunque istillare dei dubbi, ma vi garantisco che “de visus” è tutta un’altra cosa, specie se il suddetto faro è accoppiato al secondo faro aggiuntivo (che in Harley chiamano DayMaker Signature) utile per illuminare la strada nei punti ciechi delle curve.
È di serie sul modello Special, quello che ho provato, assieme ad altre “chicche” davvero interessanti (TPMS, sospensioni semiattive, manopole riscaldate, cavalletto centrale, ammortizzatore di sterzo, eccetera eccetera, giusto per citarne alcune).
A tutto questo “ben di Dio” si può aggiungere un accessorio che sarà amatissimo dalle persone diversamente alte, e cioè l’ARH (Adaptive Ride Height), in pratica un automatismo elettronico che abbassa l’assetto della moto durante la sosta a motore acceso, per permettere alle persone di gamba “diversamente lunga” di toccare a terra con più facilità.
La moto non è piccola, è abbastanza pesante (anche se in marcia sembra una bicicletta), e la possibilità di toccare BENE a terra con entrambi i piedi non è assolutamente da sottovalutare.
In marcia l’ARH riporta la moto in assetto standard per ripristinare la ciclistica ai livelli ottimali.
Ok, dopo questa carrellata di notizie più o meno utili o risapute, passerei al lato più succoso, la guida su strada.
Come va questa strana Harley, che non sembra affatto una Harley?
Premetto che è evidentissima la sua destinazione, e soprattutto la sua avversaria principale (che è tedesca, costruita a Berlino).
È una maxienduro a tutti gli effetti, non una turistica con velleità sportive, ma declinata in una chiave più moderna del solito.
Ha la trasmissione a catena, sospensioni NON flaccide e freni di elevato livello.
Ha un assetto molto piatto, ovviamente modificabile con i vari settaggi delle sospensioni (elettroniche), al quale posso solo fare un piccolo appunto, e nello specifico che non è possibile regolare manualmente il precarico posteriore per dare un pochettino di carico all’anteriore (a me piacerebbe di più, ma è una questione soggettiva).
In ogni caso la moto è rigorosissima a tutte le velocità, anche ai 180 indicati (me lo hanno detto…) ed è sorprendente a livello di maneggevolezza anche alle velocità medio-basse.
La ruota da 19” anteriore non si fa praticamente “apprezzare” su strada (lo scrivo in positivo), e l’interasse lungo (ma anche il peso) si “intravedono” solo nelle micro-rotonde (di cui le nostre città sono sempre più “dotate”, mannaggia).
Quindi vi riporto una ottima sensazione generale a livello di ciclistica e di freni.
Da una moto così lunga e pesante (250kg e oltre in o.d.m.) non mi sarei aspettato nulla di più, anzi!
Il motore…
Sarà anche costruito a Milwaukee, ma non è nemmeno stretto parente delle altre realizzazioni della Casa!
È di indole decisamente più sportiva, raggiunge gli 8000 giri con una spinta progressiva e sempre più poderosa man mano che sale la “lancetta” del contagiri.
Fino a 3000 giri, anche in mappa Sport, la ripresa è davvero molto fluida (quasi a prova di neofita), poi il motorone americano (1250cc) inizia a spingere vigorosamente, sempre di più, e la spinta non accenna a diminuire fino alla zona rossa.
Il tutto è accompagnato da una trasmissione ESENTE da critiche.
La frizione è morbida, stacca e attacca benissimo, il cambio ha innesti rapidi e per nulla contrastati, la folle è facile da trovare, e la catena non si fa proprio “sentire” (è molto silenziosa, sicuramente è di ottima qualità).
I rapporti del cambio mi sono sembrati indovinati (giusti), ma c’è sempre la possibilità di intervenire grazie alla presenza della catena.
Un bel motore, un bel cambio, degli ottimi freni, ma il comfort?
La posizione di guida è ben studiata, i comandi sono al posto giusto, la sella è ampia e confortevole, il parabrezza (regolabile in altezza senza l’ausilio degli attrezzi) è molto protettivo, le sospensioni sono tarate molto bene e si autoadattano allo stile di guida.
È difficile chiedere di più!
Passando ai particolari “secondari”, vorrei far notare una buona cura degli accoppiamenti, una componentistica di qualità e in generale materiali robusti e funzionali (come da tradizione americana).
La strumentazione TouchScreen da 6,8” garantisce la possibilità di collegare il proprio SmartPhone, è più “interpretabile” della media (specie la “scala” del contagiri, che dispone di barre rosse di larghezza differente a seconda dei giri motore) ed è ricca di informazioni.
È solo un filino troppo piccolo l’indicatore di livello del carburante, che rimane comunque ben leggibile.
I comandi (leve e pedali) sono tutti registrabili, e le manopole sono morbide ma al tempo stesso consistenti.
Anche sotto questo punto di vista c’è poco da commentare ulteriormente.
Siamo a posto, alla grande!
Passo ora agli aspetti “non pervenuti” (ma non per questo negativi, anzi).
Le vibrazioni sono …. un complesso musicale del 1999!
La Pan America non vibra, semmai “pulsa”, ma solo a regimi autostradali.
In città ci si dimentica in fretta di essere in sella ad una moto bicilindrica, se solo volessimo valutarla sotto questo aspetto.
Il peso c’è, 258kg dichiarati in ordine di marcia, ma ne spariscono almeno un centinaio inserendo la prima e rilasciando la frizione.
Il bilanciamento è ottimo, e rimane inalterato selezionando i vari assetti (5 in totale, tra stradali e non).
Non mi sono preoccupato di chiedere al concessionario se esistono accessori dedicati, in quanto la Casa è RINOMATA sotto questo punto di vista.
Non c’è da porsi il problema, direi.
L’unica cosa che avrei aggiunto alla moto in prova, di un bel colore Gauntlet Gray Metallic, è la griglia di protezione del faro anteriore (quello principale, cioè quello più in basso) che ne “maschera” la presenza e toglie ulteriormente la “sensazione” (perché di fatto è solo una sensazione, non la realtà) di trovarsi davanti ad una sottospecie di scatola.
È nata la 51ª stella americana!